Decise di rimanere in casa. Era la prima domenica di quell’inverno che si era già preannunciato duro, freddo e difficile. Il clima non è mai stato generoso in quel paese lassù, tra i monti in Val d’Ultimo, dove lei è nata e cresciuta, ma nonostante ciò non si sarebbe mai potuta staccare da un posto talmente incantevole.
Dalla finestra si vedeva bene la vallata, con ancora il suo manto verde e in lontananza la forza di mille arbusti che donavano sicurezza al terreno e alla stessa vallata, sembravano voler essere le scarpe di quelle montagne imponenti che improvvisamente spiccavano da tutto quel fogliame con le loro vette rocciose; al centro della vallata la chiesetta con il suo campanile sembrava essere disegnata mentre in realtà era vera e reale.
Quella domenica il cielo era terso e di un azzurro intenso.
Si accomodò allo scrittoio posto proprio di fronte alla finestra, scostò la tenda per poter deliziare la vista di quell’incanto, bevve un sorso di thè lasciando vagare lo sguardo per un tempo indefinito, completamente assorta nei suoi pensieri.
Non era più giovane, oramai. Il nero corvino dei suoi capelli aveva lasciato il posto ad alcuni fili grigi che pian piano divennero sempre più folti fino a trasformare la capigliatura, da una lunga chioma bruna ad un corto taglio “sale e pepe”. Gli occhi, verdi e profondi, si nascondevano dietro un paio di occhiali dalla montatura sobria. Occhiali che tuttavia non riuscivano a celare o a nascondere minimamente la profondità, nonché la vivacità di quello sguardo.
Il viso portava i segni del tempo che era passato. Ma lei non si rammaricava per questo.
Era una donna forte, concreta, non sufficientemente attenta all’estetica o all’esteriorità delle cose. Certo, una sufficiente dose buon gusto era d’obbligo, ma per lei tutto si risolveva e poteva racchiudersi nel classico concetto della “bella presenza”. Una bellezza semplice, ordinata, composta.
Aveva da poco compiuto sessant’anni e da ormai dieci si era ritirata in quella baita sui monti, fuori dal paese di Santa Gertrude, dove, solitamente, in estate, riceveva molteplici ospiti. Soprattutto le sue amiche più care, quelle di sempre, quelle con le quali ha condiviso tutta la sua vita. Non aveva fratelli, né sorelle. I suoi parenti più stretti erano quei pochi amici che amava come fossero fratelli. Non aveva nemmeno un compagno accanto. Non più.
Quella domenica stava riflettendo proprio su questo: gli uomini della sua vita.
Si era innamorata tre volte nel corso della sua vita, o forse due volte e mezzo. La prima fu quando era ancora giovanissima. Lui, un ufficiale dell’aeronautica militare, era un gran bel ragazzo, intelligente e sensibile. Fu la relazione più lunga che ebbe. Si sposarono entro poco tempo, in una bellissima e soleggiata domenica di ottobre. Una cerimonia semplice, rito civile, loro due, i genitori ed i testimoni. Non avevano bisogno d’altro. Fu un grande amore. Poi, chissà per quale scherzo del destino, l’incanto di quell’amore svanì improvvisamente ed il matrimonio finì. Ma lei portò dentro di se sempre il ricordo di quel sentimento così puro, immacolato e innocente.
Successivamente conobbe il secondo marito. Si sposò senza esserne pienamente convinta, ma era un escamotage per potersi strappare dall’anima l’ossessione del suo primo amore e per farsi curare quelle ferite che da sole non riuscivano a rimarginare. Fu un completo fallimento. La diversità dei caratteri e del modo di concepire la vita aveva dato adito ad una serie interminabile di discussioni trascinate per troppi anni, al punto che, quando anche quel matrimonio si risolse in un divorzio, lei si chiuse in se stessa.
Aveva bisogno di stare sola per riuscire a guardarsi dentro e capire cos’avesse che non andava. E così trascorse un lungo periodo sola, senza la compagnia di un’anima gemella. Anche se il ricordo del suo primo amore era sempre lì a farle compagnia. Del resto non si erano mai persi di vista, anche perché negli ultimi anni lui aveva incontrato non pochi problemi di salute e lei, ovviamente, voleva stargli vicino.
Un giorno conobbe Arturo. Uno “straniero” nel senso che veniva da un'altra regione. Trasferito da poco in Val d’Ultimo alla ricerca dei veri sapori semplici della vita. Una sorta di ritiro spirituale, le aveva detto. Si conobbero un pomeriggio alla vendita di beneficenza organizzata dall’Associazione di Volontari della Parrocchia della quale lei era socia fondatrice.
Arturo la colpì per la grande nobiltà d’animo che faceva di lui una persona unica, speciale, al di sopra della media. Era, inoltre, in uomo molto colto, che sapeva ascoltarla, stimolarla. Fu – forse – proprio questo che la fece innamorare. Con lui si aprì completamente e contemporaneamente aprì a lui il suo cuore. Arturo fu il suo ultimo amore. Quello per il quale aveva rimesso in gioco tutta se stessa, per cui sarebbe andata anche in capo al mondo se solo fosse stato necessario. Aveva finalmente guarito le vecchie ferite e si sentiva pronta ad iniziare una vera e seria relazione con lui.
Ma le cose non andarono proprio secondo quanto lei aveva desiderato. Ebbero una breve ma intensa relazione terminata tra sofferenze ed insulti che lasciarono più amaro di quanto avrebbero dovuto. Arturo era stato anche l’uomo che le aveva donato la gioia della maternità, o forse è meglio dire la gioia dell’illusione di maternità poiché per ben due volte si trovarono a fare i conti con falsi allarmi ed una volta persero quel bambino che lei desiderava più di ogni altra cosa al mondo.
Ora era sola. Ma non si sentiva sola. Il ricordo di quei tre uomini e le esperienze vissute negli anni le facevano compagnia in quella domenica di inizio inverno. Ripensava ai rapporti che aveva attualmente con loro. A come si erano sviluppate le situazioni nel corso degli anni. Era rimasta in contatto con tutti e tre. Di ognuno sapeva tutto e di ognuno era confidente di gioie e dolori.
L’ufficiale aveva lottato contro il suo male, ma non ci fu nulla da fare: non riuscì a vincere. La sua troppa sensibilità d’animo lo portò ad una depressione che fu deleteria per la malattia che lo aveva colpito. E senza più avere la forza di lottare si lasciò andare spegnendosi pian piano.
Il secondo marito era diventato padre di due splendide ragazze e la prima delle due stava per laurearsi in giurisprudenza. Aveva sposato una donna speciale, con la quale divenne addirittura amica e tutti e quattro, ogni anno, trascorrevano almeno una settimana di vacanza nella sua casa-rifugio.
Il terzo, Arturo, lo perse di vista per un po’, non voleva avere contatti con lui per riuscire a superare l’ennesimo fallimento di una relazione. Un fallimento che le provocò un immenso dolore. E così fu per parecchio tempo. Quell’uomo le era entrato dentro come nessun altro aveva fatto. Si era resa conto che l’amore che provava per lui era un amore diverso. Forse un amore “maturo”, fatto non di fuori divampanti, ma di una brace che ardeva pian piano scaldando con costanza il suo cuore. Fu lui a cercarla di nuovo, quando le acque si erano calmate e lei non soffriva più per lui. Anche lui ora aveva al suo fianco una donna che forse era la donna giusta per lui. Capace di capirlo e di far collimare le proprie esigenze alle sue. Insomma, avevano trovato il giusto incastro. Quello che lei non era riuscita ad instaurare.
E lei era lì sola. O meglio: sola in compagnia delle sue esperienze e dei suoi ricordi e con una nuovo dubbio: a cosa era servita la sua esistenza fino a quel momento? Ad insegnare a tre uomini cosa significa “stare con una donna”? Ad insegnare a tre uomini come sbagliare per imparare, poi, dagli errori fatti? Tutti, dopo di lei, avevano trovato l’Amore vero, quello che costruisce. E lei? Perché, nel frattempo era rimasta sempre sola? Ma, soprattutto, perché mai ognuno di quei tre uomini continuava a cercare lei, a rivolgersi a lei in qualità di amica e confidente? Cosa aveva lasciato lei in quei tre uomini? Cosa pensavano, come la vedevano? Sapeva che tutti e tre provavano un grande affetto per lei, così come lei ne provava per loro, ma si domandava se mai loro, almeno una volta, si erano chiesti “…e se …”
Con quell’interrogativo malinconico si strinse nel cardigan che aveva sulle spalle e bevve l’ultimo sorso di thè mentre da lontano iniziarono a suonare le campane della chiesetta al centro della vallata.
Stasera così...
2 mesi fa
quanto c'è di autobiografico? e qual è il limite tra il "sufficientemente" e l' "insufficientemente". gli avverbi, nella linga italiana, sono inchiodanti...
RispondiEliminaun abbraccio e buona settimana
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RispondiEliminaCiao DIGITO,
RispondiEliminaviaggio di fantasia e mi alleno a scrivere...
Buona settimana anche a te
Ciao ANNAGI...come stai ?? E' un pezzo che non ci sentiamo...è ??
RispondiEliminaBuona settimana lavorativa e non !!
ciao Anna
RispondiEliminabuona settimana accompagnata da una canzone anche a me cara :)
@ STEFY
RispondiEliminaCiao bella, è vero, è da un po' che "latito"... cmq tutto ok
Buon inizio di sett anche a te
@ VALENTINO
che sia una buona settimana all'insegna delle tue belle poesie
Complimenti bel racconto. Si fa leggere tutto d'un fiato.
RispondiEliminaA volte non servono ne gli uomini ne le donne per essere felici o almeno per stare in pace e bene.... la donna del racconto è stata sempre circondata da un amore che non l'ha mai lasciata "la solitudine"..... bisogna a questo punto sfatare questo luogocomune.... pensando alla solitudine come una nemica.... invece è una cara amica che ti seduce e ti copre dell'amore che in nessuna persona si puo' trovare.... chi sa vivere da solo sa stare veramente al mondo.... tutt'altra cosa è l'isolamento o rifugio = rifiuto totale di vivere.... il the caldo il camino e la solitudine in compagnia di ricordi danno delle sensazioni che non si possono provare dentro ad un metro' pieno di gente... che bel racconto Annag'... ciao.
RispondiElimina@ DANIELE VERZETTI
RispondiEliminaGrazie! Mi fa piacere che ti sia piaciuto
@ TONY P
La solitudine di questa donna in realtà non è solitudine vera e propria, lo può essere in senso fisico, ma nell'anima e nel cuore ha talmente tante cose, accumulate nel corso della sua vita, che le fanno una gran compagnia: suoi ricordi e tutto quello che di buono ha ricevuto e che hanno fatto di lei una gran donna...
Ci sarà un seguito, poche brevi battute che mi son venute in mente giusto stasera prima di rincasare...
Annagi,sei proprio brava a scrivere e a descrivere soprattutto stati d'animo,abilità non facili.
RispondiEliminaComplimenti!
Un delicato racconto, brava!
RispondiEliminaLa mia vita ha molte analogia che la donna di cui parli, tranne i tre mariti perchè ne ho avuto uno solo, le amicizie del mio passato tornano sempre a cercare conforto o calore nelle mie parole o nei gesti, non so.
Concordo con Tony quando dice che l'importante è vivere bene con se stessi... tutto il resto è un attimo ^_^
Poetiche visioni, interessante, ma ti trovo ancora un pò malinconica, queso periodo dell'anno non è proprio il tuo preferito, il mio va dall' 8 novembre al 26 gennaio, tra un pò sono guai anche per me, ma po mi ripiglio :)
RispondiEliminasaluti, mr.henri
@ STELLA
RispondiEliminati rimgrazio per il tuo apprezzamento, mi è di conforto proprio in questo periodo che ho ripreso in mano la penna e a volte la guardo pensando "e adesso che ci faccio?"...
@ UNADONNAINCAMMINO
credo che arrivati ad un cero punto della vita abbiamo tutti - più o meno - storie analoghe e qualcosa che corrisponde: un amore, qualche amicizia più profonda, il desiderio di tirare qualche somma...
Certo, vivere serenamente è fondamentale e questo può accadere solo se si sta bene con se stessi
@ MR HENRY
sono CRONICA !!! Il fatto è che si racconta meglio una malinconia che una gioia, almeno per me, mi riesce più semplice.
che poi, è anche nella natura umana ricordare spesso di più le cose meno belle, no? E di conseguenza parlarne...
... mi sto incartando...????
A prescindere da quanto ci sia della tua vita, hai scritto un racconto toccante. Intenso e soprattutto( lasciatelo dire da una scrittrice in erba) hai tenuto viva la mia attenzione da lettrice, ti assicuro che hai proprio del talento..Scrivi ancora cara Annagi. Notte
RispondiEliminaTi piace leggere?
RispondiElimina@ STREGHETTA
RispondiEliminaa prescindere da quanto ci sia di mio nel racconto - e qui rispondo anche a chi mi ha chiesto quanto c'è di autobiografico - direi che di mio sicuramente ci sono le emozioni che cerco sempre di riportare. Emozioni, il che non significa necessariamente esperienze narrate.
E poi... non li ho ancora 60 anni!!!!
eh eh
Cmq grazie di cuore, mi fa piacere "piacere" e soprattuto manterere viva l'attenzione e la curiosità di chi legge
@ STELLA
si che mi piace leggere...
Niente è andato perso e nulla si perderà, rimarrà sempre qualcosa di importante impresso nella memoria
RispondiEliminabisogna sempre cercare il giusto incastro, e brava annina
RispondiEliminaAh dimenticavo come si fa per non far venire fuori le lettera da trascrivere?
RispondiEliminaCiao ANNAGI !!! Sono tornataaaaa
RispondiElimina(ed il coro: echisssenefregaaaaa)
Ihihihi
Nessuna caduta da cavallo !!! Avevo solo problemini in ufficio... uffa....che palle !!!
@ DICE IL SAGGIO
RispondiEliminasempre rimane qualcosa impresso nella memoria... ed anche nel cuore aggiungo io
@ DUBBAFETTA
ti ho risp da te
@ STEFY
meno male! Cominciavo a preoccuparmi :)
Però... immagina... che grande amore sarebbe stato con un uomo capace di mettere a nudo la fragilità di entrambi e il piacree di sentirsi forti l'uno nell'altra... non credi?
RispondiEliminaUn abbraccio
MAURIZIO
RispondiEliminanon è detto che non lo incontrerà...
Buon we!